1.Introduzione.
Di solito succede pochi giorni prima dell’atto notarile. Il notaio incaricato, durante l’istruttoria della pratica, richiede all’acquirente di farsi consegnare il certificato di agibilità. Questo momento di solito coincide con un battito cardiaco accelerato e una sudorazione fretta da parte del malcapitato. Per trattare l’argomento occorre però un preliminare inquadramento normativo.
2.Le norme.
Per ritrovare la genesi normativa dobbiamo scavare parecchio, è infatti con il Regio Decreto numero 1265 del 1934 che è stato introdotto l’obbligo di doversi munire del cosiddetto decreto di abitabilità per poter abitare: i nuovi edifici, quelli ricostruiti o sopraelevati o quelli esistenti che avessero comunque subito modifiche tali da incidere sulla salubrità degli stessi. Il quadro normativo oggi è profondamente mutato. A partire dal 2003, con l’entrata in vigore del Testo Unico Edilizia, il certificato di agibilità ha preso il posto sia del suddetto decreto sia del decreto di usabilità.
3.Il certificato di agibilità.
L’obiettivo del certificato di agibilità è quello di attestare la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energeticodegli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo la normativa vigente. Mentre il decreto di abitabilità era rilasciato dal Sindaco del Comune su istanza di un tecnico, il certificato di agibilità si ottiene oggi mediante un’autocertificazionenota come SCA (segnalazione certificata di agibilità) del Direttore dei Lavori o di un altro tecnico incaricato, che attesti la sussistenza dei requisiti richiesti ai fini di rilascio dell’agibilità.
Il deposito del certificato di agibilità deve essere presentato da un professionista abilitato presso lo Sportello Edilizia e Urbanistica, entro 15 giorni dalla comunicazione di fine lavori. Entro 180 giorni dalla data in cui è pervenuto il deposito dell’agibilità, il Comune, tramite la ASL, dispone le ispezioni, al fine di verificare i requisiti di abitabilità e/o agibilità delle costruzioni.
4.Comprare una casa che non ha l’agibilità.
Eccoci arrivati al punctum dolens. Ai sudori freddi e al battito cardiaco accelerato. Si può vendere una casa che risulti essere priva del certificato di agibilità? Nulla vieta che si possa vendere una casa senza agibilità. L’importante è che l’acquirente sia messo al corrente di ciò che compra. Quindi, il contratto di compravendita deve necessariamente indicare che l’appartamento è privo di agibilità. Ma che succede se tale menzione non viene effettuata? La risposta è la seguente: dipende a che punto è la trattativa quando l’acquirente viene messo al corrente del problema.
5.Scoperta della mancanza di abitabilità durante le trattative.
Se la scoperta dell’assenza di agibilità avviene quando ancora le trattative sono in corso e non è stato versato alcun anticipo, neanche quello all’agenzia immobiliare, l’acquirente non può rivendicare alcun risarcimento del danno.
6.Scoperta della mancanza di abitabilità dopo la firma del compromesso.
Dopo la stipula del compromesso, è onere del venditore procurarsi l’agibilità prima della stipula del rogito.
L’acquirente non può chiedere la risoluzione anticipata del contratto preliminare (appunto “il compromesso”); al contrario, deve dare la possibilità al proprietario di mettere in regola l’immobile dal punto di vista edilizio, procurandosi tutte le certificazioni necessarie per il giorno della vendita.
Naturalmente, se l’abitabilità non dovesse essere ottenuta entro la data fissata per la stipula del contratto definitivo dinanzi al notaio, è diritto dell’acquirente tirarsi indietro e non firmare il rogito.
7.Scoperta della mancata di abitabilità dopo la compravendita.
Ipotizziamo ora l’ultimo caso, quello cioè in cui l’acquirente si accorga dell’assenza di abitabilità dopo aver firmato il contratto definitivo di compravendita. Secondo la giurisprudenza, l’assenza del certificato di abitabilità non comporta, in via automatica, la possibilità di chiedere lo scioglimento del contratto di compravendita per inadempimento del venditore. Il giudice, infatti, deve prima verificare in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione.